giovedì 19 novembre 2009

Perché una comunità urbana (dal vangelo secondo me)

riporto un testo che ho già inviato via e-mail agli ortolani ma che ci tengo a condividere anche con altri.

Sapete che mi sta molto a cuore questo tema. Da qualche mese abbiamo iniziato l’avventura dell’orto come prima condivisione e alcuni di noi hanno sperimentato le difficoltà ma soprattutto i pregi del “fare e del pensare” insieme; è un esercizio complesso, soprattutto se si vive in un sistema che pone alla base la competitività fra gli individui, dove la visione di gruppo si limita al massimo alla famiglia o alla squadra del cuore. In ambiente non urbano (vedi ecovillaggi, comunità pioniere, comunità arcaiche) è possibile sperimentare altre forme del vivere che non siano quella dell’economia di mercato, le cose si complicano invece nel caso di persone che vivendo in città, vogliono provare ad allargare le loro relazioni sia umane sia economiche.
Ognuno di noi potrebbe valutare i pro e i contro di un ampliamento del suo essere sociale, sapendo che questa è una strada non battuta che va solcata e livellata durante il percorso. Dal mio punto di vista non credo si possa vivere senza tentare perlomeno una ricerca verso una socialità “altra” perché ci troviamo a vivere a stretto contatto con vicini, colleghi, parenti che nella maggioranza dei casi hanno valori agli antipodi rispetto ai nostri e avere una rete di “nostri simili” che ci sostiene e aiuta è fondamentale all’esistenza stessa.

Vorrei ora individuare, per grandi linee, un ipotesi di sperimentazione per fasi:
· Prima tappa del percorso potrebbe essere quella di individuare i valori che ci uniscono e che ci vedono artefici di un possibile cambiamento, sono valori che idealmente tutti noi sentiamo come nostri ma che tradotti in pratica hanno bisogno di tempo e fatica per essere sperimentati; possiamo citare la pace, la sostenibilità, la lotta all’inquinamento, la ricerca di una vita a misura d’uomo, la lotta allo stress, la produzione di cibo sano, la ricerca di rapporti umani veri e senza conflitti, e molto altro ancora. Questo primo lavoro ci vedrà impegnati singolarmente (quali sono i valori che per me sono fondamentali?) e in una fase successiva, insieme (quali, confrontandoci, sono i valori essenziali), la fase collegiale potrebbe essere accompagnata da uno studio degli esempi già esistenti e da una lettura comune di eventuali pubblicazioni sull’argomento.
· Seconda tappa, più pratica, ci vedrebbe coinvolti nell’identificazione di quelle che sono le capacità e le esperienze che ogni singolo potrà mettere sul piatto della condivisione.
· Terza tappa, i mezzi che ognuno ha e che si sente di condividere.
Credo che a ognuno dovrebbe essere data la possibilità di scegliere un diverso grado di coinvolgimento, soprattutto nella fase iniziale.
Ho pensato anche che sarebbe interessante visualizzare su una mappa dove ci troviamo, chi sono i nostri vicini, quali linee immaginarie ci uniscono e quali sono i luoghi comuni che già condividiamo, interessante sarebbe anche (non so in quale modo) definire il livello di frequentazione di questi luoghi comuni.Beh, come vedete, l’ambizione è molto modesta, si tratta di rivoluzionare il modo di concepire un sistema urbano che si basa sull’anonimato e sul menefreghismo… (ah, dimenticavo: mi sono iscritto qui:
http://www.mappamondonuovo.org/ è mooolto interessante)

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